Codice EER: come identificare correttamente i rifiuti speciali

Codice EER: come identificare correttamente i rifiuti speciali

Il Codice EER è utilizzato per identificare correttamente rifiuti speciali, rappresentando uno strumento imprescindibile per garantire una gestione conforme e responsabile dei rifiuti prodotti dalle aziende.

In un contesto normativo sempre più attento alla tutela ambientale, l’adozione del corretto codice EER permette, infatti, alle imprese di classificare i propri rifiuti in modo preciso, rispettando i vincoli previsti dalla normativa italiana ed europea. Questa identificazione non è soltanto un obbligo burocratico, ma anche il primo passo per assicurare un trattamento adeguato dei rifiuti stessi, prevenendo rischi ambientali, sanzioni e contestazioni.

Comprendere a fondo come funziona il sistema dei codici EER e come applicarlo alle singole attività aziendali rappresenta, dunque, una responsabilità fondamentale per qualunque impresa coinvolta nella produzione, gestione o smaltimento di rifiuti speciali.

Cos’è il codice EER e come si struttura

Il codice EER, acronimo di Elenco Europeo dei Rifiuti, nasce come strumento di classificazione uniforme dei rifiuti a livello comunitario. Introdotto in Italia con il D.Lgs. 152/2006, il codice EER consente di attribuire a ogni tipologia di rifiuto un codice numerico preciso e universalmente riconosciuto. Grazie a questa classificazione standardizzata, è possibile identificare con chiarezza l’origine, la natura e la pericolosità del rifiuto, garantendo la tracciabilità e il corretto trattamento in ogni fase della sua gestione.

Il codice EER è composto da sei cifre numeriche raggruppate in tre coppie. Di queste, ciascun segmento numerico fornisce indicazioni specifiche:

  • le prime due cifre individuano la categoria d’attività che ha generato il rifiuto (settore di origine, ad esempio industrie chimiche, metallurgiche, sanitarie, ecc.);
  • le seconde due cifre specificano il processo produttivo o l’attività generatrice;
  • le ultime due cifre descrivono nel dettaglio la natura del rifiuto stesso.

Inoltre, il sistema dei codici EER distingue tra rifiuti:

  • pericolosi, contrassegnati da un asterisco (*) accanto al codice, che richiedono specifiche misure di gestione, trasporto e smaltimento;
  • non pericolosi, ovvero materiali non caratterizzati da proprietà nocive per l’uomo e l’ambiente.

È importante sottolineare che, per i cosiddetti codici a specchio, la classificazione del rifiuto come pericoloso o non pericoloso non è predefinita, ma dipende dalle effettive caratteristiche chimico-fisiche del rifiuto stesso. Questi codici sono chiamati “a specchio” perché si riferiscono a due voci quasi identiche nella lista dei codici EER, che si differenziano solo per l’indicazione di pericolosità.

Ad esempio, per uno stesso tipo di attività possono essere attribuiti due codici:

  • uno con l’asterisco (es. 15 02 02* per assorbenti, materiali filtranti (inclusi filtri dell’olio non specificati altrimenti), stracci e indumenti protettivi, contaminati da sostanze pericolose);
  • e uno senza (es. 15 02 02 per assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi non contaminati).

Per stabilire quale dei due sia corretto, è necessario effettuare analisi chimiche e valutazioni tecniche che accertino la presenza o l’assenza di sostanze pericolose. Qualora si scelga di non sottoporre il rifiuto ad analisi, è corretto gestirlo in via cautelativa come pericoloso.

Per assegnare correttamente il codice EER è consigliabile rivolgersi a professionisti esperti, in grado di supportare l’azienda nel processo di classificazione, minimizzando il rischio di errori che possono tradursi in sanzioni amministrative o penali.

Inoltre, il catalogo EER, costantemente aggiornato, tiene conto delle evoluzioni tecnologiche e normative. Pertanto, le aziende devono monitorare regolarmente eventuali revisioni del sistema, per garantire la piena aderenza alla normativa vigente e la corretta gestione di eventuali nuove tipologie di rifiuto introdotte nel proprio ciclo produttivo.

Perché è fondamentale assegnarlo correttamente ai rifiuti aziendali

Assegnare correttamente il codice EER ai rifiuti aziendali non rappresenta solo un adempimento formale, bensì un’attività strategica che incide direttamente sulla responsabilità ambientale dell’impresa. La classificazione errata o superficiale dei rifiuti può, infatti, generare conseguenze rilevanti sia sul piano normativo che operativo.

Prima di tutto, il codice EER identifica la filiera autorizzativa e documentale a cui il rifiuto dovrà essere sottoposto lungo tutto il suo ciclo di vita, ovvero:

  • gestione interna (stoccaggio e movimentazione);
  • trasporto (necessità di autorizzazioni per il trasportatore);
  • smaltimento o recupero (scelta dell’impianto idoneo e autorizzato).

Un codice errato potrebbe comportare l’invio del rifiuto presso un impianto non autorizzato, con conseguente illecito ambientale e possibili contestazioni da parte degli enti di controllo (come ARPA, NOE o ASL).

Inoltre, la corretta attribuzione del codice EER consente di:

  • compilare in maniera esatta i documenti obbligatori previsti dalla normativa italiana, come il Formulario di Identificazione dei Rifiuti (FIR) e il Registro di Carico e Scarico;
  • predisporre correttamente il Modello Unico di Dichiarazione Ambientale (MUD), richiesto annualmente alle aziende produttrici di rifiuti speciali;
  • evitare errori che potrebbero determinare pesanti sanzioni economiche e, nei casi più gravi, responsabilità penali per il datore di lavoro o i soggetti incaricati.

Dal punto di vista operativo, l’identificazione esatta del codice EER permette anche di:

  • pianificare correttamente lo smaltimento, individuando le modalità tecniche più sicure e conformi;
  • ottimizzare i costi, evitando trattamenti inutilmente onerosi per rifiuti non pericolosi erroneamente classificati;
  • adottare eventuali soluzioni di recupero o riciclo, laddove possibile, riducendo l’impatto ambientale complessivo dell’impresa.

Non bisogna dimenticare, inoltre, che gli enti di controllo, durante le ispezioni, verificano con attenzione la congruità del codice EER attribuito rispetto al ciclo produttivo e alle caratteristiche effettive del rifiuto. Eventuali discordanze possono determinare sanzioni anche molto elevate, oltre a danni reputazionali significativi.

Proprio per queste ragioni, molte imprese scelgono di avvalersi di una consulenza ambientale qualificata, in grado di:

  • analizzare in modo approfondito i processi produttivi aziendali;
  • effettuare le necessarie verifiche chimiche sui rifiuti;
  • redigere le schede di caratterizzazione e assegnare il codice EER corretto;
  • aggiornare costantemente la classificazione in caso di variazioni nelle materie prime, nei processi o nei prodotti finali;
  • formare il personale interno coinvolto nella gestione operativa dei rifiuti.

Un approccio professionale consente non solo di adempiere agli obblighi normativi in modo rigoroso, ma anche di introdurre reali miglioramenti organizzativi, gestionali ed economici nella gestione complessiva dei rifiuti speciali aziendali.

Infatti, l’identificazione corretta tramite codice EER rappresenta anche un’opportunità per:

  • migliorare i report ambientali da fornire a clienti e stakeholder;
  • accedere a bandi pubblici o certificazioni ambientali volontarie;
  • dimostrare la piena conformità normativa durante eventuali audit di qualità o ispezioni ambientali.

In definitiva, identificare correttamente i rifiuti speciali con il giusto codice EER significa, da una parte adempiere a un obbligo di legge, ma anche investire nella sostenibilità aziendale, nella prevenzione dei rischi e nella valorizzazione dell’immagine d’impresa.

Per questo, con il supporto di specialisti come Selin, le aziende possono affrontare questa attività complessa con sicurezza, competenza e piena conformità normativa.

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