Rifiuti sanitari: normativa, gestione e smaltimento

Rifiuti sanitari: normativa, gestione e smaltimento

rifiuti sanitari derivano da strutture pubbliche e private che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, cura, diagnosi, riabilitazione e ricerca, come aziende ospedaliere o sanitarie locali, case di cura private, laboratori di analisi cliniche, studi medici odontoiatrici, studi veterinari o ambulatori dove si effettuano prestazioni chirurgiche, nonché da centri estetici, studi specializzati in tatuaggi e piercing e saloni di parrucchiere.

A questa categoria di rifiuti appartengono una vasta gamma di materiali, tra cui siringhe, mascherine, guanti e medicinali scaduti. Alcuni sono altamente nocivi e pericolosi, tanto che, se gestiti e smaltiti in modo improprio, possono causare danni gravi alla salute umana e all’ambiente, contaminando aria, acqua e suolo.

Per evitare la diffusione di malattie infettive e contaminazioni e limitare il rilascio di sostanze tossiche nell’ambiente è fondamentale che le strutture pubbliche e private che producono rifiuti sanitari rispettino le procedure previste dalla legge in materia di gestione e smaltimento degli stessi.

Ecco tutto quello che c’è da sapere sulla normativa, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti sanitari.

Normativa

A livello nazionale, la gestione dei rifiuti sanitari è disciplinata dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, noto anche come Testo Unico Ambientale, e dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2003, intitolato “Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari”.

All’art.1, comma 5, il DPR n. 254/2003 classifica i rifiuti sanitari in 7 categorie:

  1. non pericolosi;
  2. assimilabili ai rifiuti urbani;
  3. pericolosi non a rischio infettivo;
  4. pericolosi a rischio infettivo;
  5. pericolosi che richiedono particolari modalità di smaltimento;
  6. da esumazione ed estumulazioni, nonché i rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali, esclusi i rifiuti vegetali provenienti da aree cimiteriali;
  7. speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che in termini di rischio risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo, con l’esclusione degli assorbenti igienici.

Rientrano nella categoria dei rifiuti sanitari non pericolosi:

  • sostanze chimiche di scarto non pericolose o non contenenti sostanze pericolose;
  • farmaci scaduti o di scarto, compresi i campioni (esclusi i farmaci citotossici e/o citostatici).

I rifiuti sanitari assimilabili ai rifiuti urbani includono:

  • vetro bianco;
  • bottiglie e flaconi vuoti di farmaci, vaccini, soluzioni per infusione, alimenti e bevande non contaminati da materiale biologico e privati di cannule o aghi per la somministrazione;
  • imballaggi di carta, cartone, plastica, legno o metallo;
  • rifiuti derivanti dalla preparazione di pasti o residui di pasti provenienti dai reparti di degenza (esclusi quelli provenienti da pazienti infetti e/o affetti da malattia trasmissibili);
  • bottiglie di plastica;
  • bende, assorbenti igienici anche contaminati da sangue, pannolini e pannoloni, esclusi quelli di degenti infettivi;
  • lastre e pellicole radiografiche;
  • gessi ortopedici non contaminati;
  • guanti, indumenti protettivi, mascherine, lenzuola, camici non contaminati.

I rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo sono quelli che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche di pericolo:

  • infiammabile;
  • irritante;
  • nocivo;
  • tossico.

Rientrano in questa categoria:

  • oli minerali e sintetici per circuiti idraulici;
  • liquidi di fissaggio e di sviluppo radiografici;
  • rifiuti di amalgama prodotti da interventi odontoiatrici;
  • lampade fluorescenti;
  • filtri cappa oncologica;
  • mercurio di termometri clinici e sfigmomanometri rotti.

I rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo sono quelli che rappresentano un rischio per la salute pubblica e includono:

  • materiale contaminato da materiale biologico come sangue, feci, urine, vomito,

pus, liquido amniotico, espettorato;

  • assorbenti igienici, pannolini e pannoloni di pazienti infettivi;
  • materiale di medicazione;
  • flaconi contaminati;
  • gessi ortopedici contaminati;
  • guanti, indumenti protettivi, mascherine, lenzuola, camici contaminati.

Fanno parte della categorie dei rifiuti pericolosi che richiedono particolari modalità di smaltimento:

  • farmaci scaduti o inutilizzabili;
  • sostanze stupefacenti o altre sostanze psicotrope;
  • organi e parti anatomiche non riconoscibili.

Gestione

Il DPR n. 254/2003, per ciascuna categoria di rifiuti sanitari, allo scopo di garantire elevati livelli di salvaguardia dell’ambiente e della salute pubblica, indica le procedure da seguire per una corretta gestione degli stessi:

  • i rifiuti sanitari non pericolosi e i rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo sono assoggettati alle modalità di gestione previste dal D. Lgs. n. 152/2006. Questo significa che devono essere gestiti nel rispetto delle disposizioni previste per i rifiuti speciali, che riguardano la classificazione e la caratterizzazione dei rifiuti, la gestione del deposito temporaneo e la tracciabilità mediante FIR, Registro di carico e scarico e Modello Unico di Dichiarazione Ambientale;
  • i rifiuti sanitari assimilabili ai rifiuti urbani sono assoggettati al regime giuridico di gestione dei rifiuti urbani;
  • i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo devono essere gestiti adottando precauzioni particolari per evitare infezioni. Questo comporta la necessità di attuare modalità di gestione del deposito temporaneo, del deposito preliminare e del trasporto conformi a quanto previsto dal DPR n. 254/2003;
  • i rifiuti sanitari che richiedono particolari modalità di smaltimento devono essere gestiti con le stesse modalità dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo;
  • i rifiuti da esumazione o estumulazioni devono essere raccolti separatamente dagli altri rifiuti urbani ed essere racchiusi in appositi imballaggi a perdere;
  • i rifiuti speciali, prodotti al di fuori di strutture sanitarie pubbliche e private, devono essere gestiti con le stesse modalità previste per i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo.

Smaltimento

Le strutture pubbliche e private che producono rifiuti sanitari, prima di rivolgersi a soggetti terzi per lo smaltimento, devono provvedere al deposito temporaneo degli stessi, secondo quanto stabilito dalla normativa vigente.

A questo proposito, il D. Lgs. n. 152/2006 stabilisce che il deposito temporaneo debba essere organizzato nello stesso luogo di produzione del rifiuti, sia diviso per categorie omogenee di rifiuti e preveda l’uso di contenitori idonei, scelti in base alle caratteristiche dei rifiuti che devono contenere.

La legge prevede che i rifiuti sanitari debbano essere avviati a recupero o smaltimento:

  • ogni 3 mesi, a prescindere dal quantitativo di rifiuti raggiunto;
  • al raggiungimento di un quantitativo di massimo 30 mc, di cui al massimo 10 mc di rifiuti pericolosi. In questo caso, il deposito non può, in nessun caso, avere una durata maggiore di 1 anno.

Per i rifiuti a rischio infettivo sono previste regole più restrittive: il deposito temporaneo può avere una durata massima di 5 giorni, estesa a 30 giorni nel caso in cui il quantitativo raggiunto sia inferiore a 200 litri.

Le procedure di smaltimento variano in base alla tipologia di rifiuto. Ad esempio:

  • i rifiuti sanitari a rischio infettivo devono essere smaltiti tramite termodistruzione o sterilizzazione in impianti autorizzati. Il processo di sterilizzazione può essere eseguito anche all’interno della struttura sanitaria stessa, se dotata di apposito impianto, anche senza il possesso di specifica autorizzazione;
  • i rifiuti sanitari che richiedono particolari modalità di smaltimento devono essere smaltiti mediante incenerimento in impianti autorizzati;
  • i rifiuti da esumazione ed estumulazione devono essere smaltiti in impianti autorizzati per lo smaltimento dei rifiuti urbani.

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