Rifiuti speciali pericolosi: quali sono

Secondo quanto definito dal MASE, i rifiuti speciali pericolosi sono materiali di scarto derivanti dall’attività produttiva di industrie e aziende che contengono al loro interno un’elevata concentrazione di sostanze inquinanti. A causa delle loro proprietà chimiche, fisiche o biologiche, rappresentano un rischio per la salute umana e l’ambiente.

La normativa di riferimento è il Regolamento 1357/2014 dell’Unione Europea che chiarisce quali sono i criteri per l’attribuzione delle caratteristiche di pericolo ai rifiuti e detta le linee guida da seguire per la gestione e lo smaltimento degli stessi.

Le principali tipologie di rifiuti speciali pericolosi che richiedono trattamenti specifici per essere resi innocui sono:

  • amianto;
  • solventi;
  • batterie ed accumulatori;
  • rifiuti sanitari;
  • rifiuti agrochimici;
  • sostanze chimiche;
  • rifiuti radioattivi o biologici;
  • oli usati.

Scopriamo perché questi rifiuti sono classificati come pericolosi e come smaltirli nel modo corretto in base alla normativa vigente.

1. Amianto

L’elevata pericolosità dell’amianto è dovuta alla sua struttura fibrosa. I minerali di cui si compone tendono a sfaldarsi, fino a ridursi in fibre molto sottili che si disperdono nell’aria. Le fibre di asbesto, se inalate, si depositano nelle vie aeree, causando malattie anche gravi a carico dell’apparato respiratorio, come l’asbestosi, il mesotelioma e il tumore ai polmoni. Pertanto, i manufatti contaminati dall’amianto sono considerati rifiuti pericolosi.

La legge n. 257 del 27 marzo 1992 ha messo al bando tutti i materiali contenenti asbesto che possono deteriorarsi e rilasciare polveri nocive nell’aria e ha vietato l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione di amianto.

Il Decreto Ministeriale del 6 settembre 1994 ha stabilito l’obbligo di valutazione del rischio dei manufatti contenenti amianto, tramite analisi e campionamenti che devono tenere conto delle caratteristiche dell’ambiente in cui l’elemento è inserito. La legge chiarisce anche quali sono le metodologie tecniche da adottare per il controllo, la manutenzione e la bonifica di materiali contaminati, con riferimento sia all’amianto in matrice compatta sia a quello in matrice friabile.

Dalla valutazione del rischio dipende l’obbligo di rimozione. Se il rischio è elevato, è necessario procedere con la rimozione del manufatto contaminato, tramite un intervento di bonifica dell’amianto, che deve essere eseguito nel rispetto della normativa vigente in materia, la quale regola ogni singola fase del processo, dal sopralluogo allo smaltimento.

Come funziona la bonifica di amianto con successiva rimozione del materiale contaminato? L’intervento richiede manodopera specializzata e professionalmente formata, attrezzata di dispositivi di sicurezza idonei e strumenti all’avanguardia per evitare la dispersione delle fibre di asbesto nell’aria. Si articola nelle seguenti fasi:

  • i materiali contaminati vengono incapsulati per impedire la dispersione di fibre di asbesto nell’aria;
  • se il manufatto di amianto è friabile, è necessario isolare le sostanze tossiche tramite un’opera di confinamento;
  • smontaggio e rimozione.

Non bisogna dimenticare di rimuovere anche eventuali polveri liberate in fase di rimozione.

I rifiuti speciali pericolosi contenenti amianto che devono essere raccolti in appositi sacchi sigillati possono essere:

  • materiali edili;
  • dispositivi di protezione individuale e attrezzature utilizzate per la bonifica di amianto;
  • materiali d’attrito;
  • materiali isolanti;
  • contenitori a pressione;
  • rifiuti di processi chimici elettrolitici;
  • rifiuti di processi chimici inorganici;
  • materiali ottenuti da trattamenti R.C.A.

Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 10 settembre 1983 stabilisce che i rifiuti di amianto classificati speciali, tossici e nocivi sono destinati allo smaltimento definitivo in discariche controllate. Forme di smaltimento alternative non sono ammissibili.

2. Sostanze chimiche

Le industrie chimiche, farmaceutiche e manifatturiere producono una grande quantità di rifiuti chimici pericolosi, ovvero materiali di scarto contenenti sostanze esplosive, infiammabili, irritanti, velenose e nocive.

La maggior parte dei rifiuti provenienti da prodotti chimici sono considerati pericolosi perché, a causa delle loro proprietà chimiche, fisiche e tossicologiche, comportano rischi da esposizione, distinguibili in due categorie: i rischi per la sicurezza e i rischi acuti, come incendi, lesioni oculari da contatto, esplosioni, avvelenamenti e asfissie, e i rischi per la salute dovuti all’esposizione, come silicosi, bronchite cronica e tumori.

Sono classificabili come rifiuti chimici pericolosi:

  • sostanze chimiche di laboratorio, come i reagenti obsoleti e le sostanze chimiche di scarto;
  • sostanze pericolose, come i sali e loro soluzioni contenenti metalli pesanti;

In fase di raccolta, è fondamentale:

  • non mescolare i rifiuti chimici solidi con quelli liquidi;
  • tenere separati i composti alogenati da quelli non alogenati;
  • inserire nello stesso contenitore sostanze chimiche compatibili;
  • riportare su ciascun contenitore i nomi delle sostanze contenute al suo interno.

Consigliamo di consultare l’elenco delle sostanze chimiche, in modo da raccogliere i rifiuti pericolosi all’interno di imballaggi confezionati e chiusi in modo tale da evitare la fuoriuscita del contenuto. I contenitori, inoltre, devono essere solidi e resistenti, per garantire un trasporto sicuro, e devono essere costituiti da materiali inattaccabili dal contenuto.

3. Rifiuti radioattivi o biologici

rifiuti radioattivi sono considerati rifiuti speciali pericolosi perché contengono sostanze nocive che alterano la struttura delle cellule e causano danni alle molecole di DNA.

Rientrano in questa definizione i materiali di scarto resi radioattivi dall’esposizione a radiazioni durante operazioni di produzione o utilizzo di combustibili nucleari e i radiofarmaci utilizzati in medicina per ottenere informazioni diagnostiche o per veicolare attività terapeutiche.

In base al grado di radioattività, ovvero alla loro pericolosità, i rifiuti radioattivi si distinguono in alta, media e bassa attività.

I rifiuti radioattivi ad alta attività sono quelli che perdono il loro grado di radioattività dopo secoli e che devono essere immagazzinati fino al loro decadimento in condizioni sicure e controllate prima di essere smaltiti. I rifiuti a media e a bassa attività, invece, devono essere trasformati in forma solida attraverso trattamenti chimici e fisici prima di essere smaltiti in depositi dedicati.

La gestione dei rifiuti radioattivi ospedalieri richiede attenzioni particolari. La legge stabilisce che le strutture sanitarie devono immagazzinare i rifiuti in un deposito temporaneo all’interno della struttura stessa in attesa di decadimento. Solo dopo possono essere conferiti ad un impianto di incenerimento.

Passiamo ora ad approfondire ciò che riguarda i rifiuti farmaceutici e sanitari che derivano da strutture pubbliche e private che svolgono attività medica, come ospedali, case di cura, laboratori, banche del sangue, unità riabilitative, ambulatori veterinari, studi medici e dentistici.

I rifiuti biologico-sanitari sono rifiuti pericolosi a rischio infettivo, possono essere contaminati da liquidi biologici, come sangue e secrezioni, o provenire da ambienti di isolamento infettivo oppure da laboratori di analisi o di diagnosi.

Le operazioni di raccolta e confezionamento dei rifiuti biologici-sanitari prevedono che:

  • materiali monouso, come piastre, provette, pipette, puntali, garze e tamponi, vengano raccolti in appositi cartoni dotati di sacco giallo;
  • vetri e oggetti taglienti e pungenti, come aghi e lame di bisturi, vengano raccolti in contenitori di plastica dura da sistemare all’interno di appositi cartoni;
  • materiali di provenienza animale vengano raccolti in sacchetti di plastica da introdurre all’interno di appositi cartoni;
  • rifiuti liquidi, trattati preventivamente con un disinfettante appropriato, vengano versati all’interno di taniche omologate.

Nell’etichetta del contenitore è obbligatorio dare indicazione della tipologia di rifiuto, dell’ente di provenienza e della data di smaltimento. Dopodiché, è necessario trasportare il contenitore presso un locale apposito, dove resterà per non più di 24 ore, in attesa che la ditta autorizzata passi a ritirarlo per lo smaltimento.

4. Oli usati

Gli oli usati sono oli che non svolgono più le funzioni cui erano inizialmente destinati. Nei processi industriali e idraulici, quando entrano in contatto con contaminanti o detriti, perdono le loro caratteristiche di biodegradabilità ed organicità e diventano rifiuti pericolosi di cui sbarazzarsi.

Smaltirli nel modo corretto è importante perché rappresentano un pericolo per l’ambiente. Se dispersi nell’acqua o depositati sul suolo, infatti, gli oli usati diventano una barriera per l’ossigeno necessario alla sopravvivenza degli ecosistemi marini, fluviali e lacustri.

La normativa di riferimento per la raccolta e lo smaltimento degli oli usati è il Decreto Legislativo n. 95 del 27 gennaio 1992. L’art. 6 stabilisce che le imprese che detengono una quantità superiore a 300 litri annui di oli esausti hanno l’obbligo di:

  • evitare qualsiasi dispersione o contaminazione degli oli usati con altre sostanze;
  • non miscelare gli oli usati con sostanze tossiche o nocive;
  • trasferire, direttamente o tramite imprese autorizzate, tutti gli oli usati al Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Usati.

Una volta conferiti al Consorzio, gli oli usati vengono analizzati per individuare il corretto canale di eliminazione. In base alle loro caratteristiche, possono essere sottoposti a rigenerazione, combustione o termodistruzione.

Il processo di rigenerazione viene eseguito con l’impiego di tecnologie avanzate e consente di utilizzare gli oli usati per la produzione di basi lubrificanti. È un trattamento che allunga la vita degli oli raccolti, trasformandoli in una materia prima secondaria utile, in perfetto accordo con i principi dell’economia circolare.

Quando la rigenerazione non è possibile a causa di vincoli tecnici, economici o organizzativi, gli oli vengono eliminati tramite combustione. Nel caso in cui anche la combustione non fosse praticabile per motivi legati alle caratteristiche dell’olio, si procede con l’eliminazione tramite termodistruzione.

I rifiuti speciali pericolosi devono essere gestiti tramite operatori autorizzati perché i materiali di scarto raggiungano i luoghi preposti in piena sicurezza e nel rispetto della normativa vigente. Noi di Selin siamo regolarmente iscritti all’Albo Gestori Ambientali e siamo autorizzati al trasporto di tutti i rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi.

Le autorizzazioni e le certificazioni che possediamo ci consentono di seguire tutta la filiera di gestione dei rifiuti, nel rispetto dell’ambiente e assicurando al cliente la massima trasparenza. Siamo attivi a livello nazionale e offriamo un servizio completo di ritiro, raccolta, gestione e smaltimento di rifiuti speciali pericolosi.

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